Gli UDID rubati provengono da una software house

Ricordate i 12 milioni di UDID rubati assieme a molti altri dati? Non provengono dall'FBI, ma da una software house. Il mistero però non è ancora risolto.
Ricordate i 12 milioni di UDID rubati assieme a molti altri dati? Non provengono dall'FBI, ma da una software house. Il mistero però non è ancora risolto.

Una settimana fa, un gruppo di hacker vicini ad Anonymous ha rilasciato un milione di UDID (identificativi unici dei dispositivi Apple) dichiarando che provenivano da un laptop dell’FBI. Ora invece, a breve distanza dalla smentita ufficiale dell’ente federale, ne scopriamo la natura. I dati sono stati rubati dal database interno di una piccola software house statunitense, chiamata Blue Toad.

La notizia l’ha data per prima NBC News poche ore fa:

Una piccola società della Florida afferma che il database col milione di UDID Apple rilasciato la scorsa settimana da un gruppo di hacker Anonymous è stata rubata dai suoi server due settimane fa. L’ammissione, per bocca dello stesso CEO della società […], contraddice le dichiarazioni di Anonymous secondo cui i dati provenivano dal laptop di un agente FBI smarrito a marzo.
[…]
Paul DeHart, CEO of the Blue Toad publishing company, ha raccontato a NBC News che i tecnici presso la sua società hanno scaricato i file di Anonymous e li hanno confrontati coi database in loro possesso. L’analisi ha evidenziato quasi il 98% di correlazione tra i due dataset.

Sul blog della BlueToad, dopo le scuse di rito, il CEO della società scrive che sono già state prese tutte le misure necessarie atte a impedire eventuali nuovi furti. Intanto, tutte le informazioni utili a risolvere il caso sono già state consegnate alle autorità.

È quindi molto probabile che gli hacker mentissero, o che abbiano preso una sonora cantonata. Resta da verificare a questo punto l’attendibilità delle loro parole quando raccontano di aver trovato, assieme agli UDID, anche i numeri delle carte di credito, gli indirizzi mail e tutto il resto. È lo stesso dubbio che assale il portavoce Apple intervistato dalla NBC:

“In qualità di sviluppatore, BlueToad avrebbe accesso alle informazioni dei dispositivi come UDID, tipo di dispositivo e nome. Gli sviluppatori non hanno accesso alle informazioni degli account utenti, a meno che un utente non decida esplicitamente di fornirgli tali informazioni.”

Dal canto suo, Apple ha ben intuito la pericolosità dell’uso improprio degli UDID, tanto da arrivare a bocciare le app che se ne avvalevano. I rischi legati a questa tecnica di profilazione, infatti, sono eccessivi rispetto ai benefici apportati all’utenza, e quanto accaduto in questi giorni ne è la prova.

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