Un ex dipendente Apple racconta le approvazioni su App Store

Riguardo il processo di approvazione su App Store abbiamo parlato in diverse occasioni, e nella maggior parte dei casi si trattava di ineleganti prove di forza, piccole concessioni, inspiegabili cambi d'umore e conflittini d'interesse. Tutte casistiche che hanno spesso attirato gli strali degli sviluppatori e talvolta degli utenti, ma che mai ci saremmo aspettati pure dai recensori stessi del software. Ed è tutta da ridere, fidatevi.
Riguardo il processo di approvazione su App Store abbiamo parlato in diverse occasioni, e nella maggior parte dei casi si trattava di ineleganti prove di forza, piccole concessioni, inspiegabili cambi d'umore e conflittini d'interesse. Tutte casistiche che hanno spesso attirato gli strali degli sviluppatori e talvolta degli utenti, ma che mai ci saremmo aspettati pure dai recensori stessi del software. Ed è tutta da ridere, fidatevi.
Un ex dipendente Apple racconta le approvazioni su App Store

In una intervista di BusinessInsider, Mike Lee, ex ingegnere senior Apple ed ex membro del team Worldwide Developer Relations, racconta le noie e gli svantaggi che derivano dal lavorare alle approvazioni su App Store. Il team di revisione delle applicazioni, a suo dire, è fortemente scontento dell’andazzo:

“La gente si immagina che ci siano 100 persone in India che facciano le revisioni. In realtà è solo della gente negli uffici Apple, e come avviene sempre ad Apple, non riescono a trovare la quantità necessaria di persone in gamba. Apple non comprometterà mai la qualità dei suoi team per rimpolpare le fila. Ti garantisco che è molto più piccolo di quanto immagineresti.”

Lo store, invece, è gigantesco. E ciò significa che nella stragrande maggioranza dei casi, gli addetti sono costretti a frugare tra le pieghe di migliaia e migliaia di titoli di scarsa o scarsissima qualità, rischiando inesorabilmente di “lasciarsi sfuggire la gemma.” Non è uno scherzo, a quanto pare:

È un problema molto serio, cercare di filtrare le cose messe lì perché nessuno le veda. Qualcuno deve sedersi e mettersi a scavare alla ricerca di c***i [“d*cks”, nell’originale N.d.A.]. Non puoi permettere a tutti quei c***i di passare. Devi sempre cercare di peccare in eccesso di prudenza. In pratica, per tutto il giorno costringi della gente a stare seduta e a guardare alle cose che potrebbero o meno avere c***i. Apple si rifiuta di affidare le cose a gruppi giganteschi di persone. Insistono nell’avere pochi ma buoni ad occuparsene, intelligenti e colti, e ben addestrati. Ciò significa quindi che alcuni dei loro impiegati passano la giornata setacciando tonnellate di c***i tutto il giorno.

Come noto, Steve Jobs pretendeva che non ci fossero contenuti osé sul suo store, e questo, volenti o nolenti, si ripercuote sulle routine giornaliere di quanti hanno scelto questa carriera. Il vero problema, tuttavia, sta nella necessità di dover sveltire un po’ l’intera procedura: non è pensabile che ci possano volere giorni, se non settimane, per vedersi promuovere o bocciare un’applicazione. Le conclusioni, non meno divertenti e irriverenti, sono di Lee:

“L’unica maniera di gestire la faccenda è di impostare l’obiettivo talmente tanto al di là dei c***i che perfino l’immagine di un cetriolo viene bloccata per sbaglio. Perché se non lo fai, poi finisce che gli addetti passino ore ed ore a discutere se quel qualcosa era un pelo pubico. Ed è una gran perdita di tempo.”

E se lo dice lui.

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