Cala l'uso degli SMS per colpa di iMessage et similia

Secondo una ricerca della Chetan Sharma Consulting, per la prima volta nella storia degli USA cala l'uso degli SMS. Colpa di iMessage e degli altri servizi Web.
Secondo una ricerca della Chetan Sharma Consulting, per la prima volta nella storia degli USA cala l'uso degli SMS. Colpa di iMessage e degli altri servizi Web.

Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, il traffico degli SMS nel terzo trimestre fiscale dell’anno in corso ha subìto un calo rispetto al periodo precedente. E la colpa, ovviamente, è di iMessage e di tutti gli altri servizi analoghi che funzionano in modo gratuito attraverso la connessione cellulare.

Per anni, i gestori si sono abituati a tariffare a peso d’oro ogni singolo byte dei 140 che costuisce un SMS. Una policy oggetto di feroci critiche e da sempre invisa agli utenti, soprattutto perché -come noto- non utilizza corsie preferenziali e dispendiose, ma solo i canali di controllo dello standard GSM; il che implica anche che ha un costo per il carrier molto prossimo allo zero.

Ciononostante, per vent’anni ha rappresentato la mucca da latte degli operatori di telecomunicazioni, solo che adesso qualcosa inizia a incrinarsi, almeno secondo l’ultima ricerca della Chetan Sharma Consulting:

“Potrebbe essere presto per dire se il declino ha avuto inizio o se il segmento tentennerà un po’ prima di dare il via al declino vero e proprio. Una volta che il segmento di mercato raggiunge il 70-90% di penetrazione, il declino avrà necessariamente inizio e allora potremmo assistere ad un calo degli utili relativi ai messaggi di testo. Il declino è principalmente dovuto alla popolarità crescente dei sistemi di messaggio su IP, avvenuto nonostante la lentezza degli operatori nell’evolvere le proprie strategie a riguardo.”

È la pigrizia tipica di chi si è adagiato sulle rendite di posizione, e di lì non vuole schiodarsi. Ora però ci sono iMessage, Skype, AIM, Google Voice e il WiFi è sempre più ubiquo, perfino nel nostro arretrato paese. A colmare la lacuna ci pensano i piani dati in abbonamento, in grado di coprire mediamente il 43% degli introiti dei carrier a stelle e strisce; anzi, nel caso di Verizon e AT&T, questa percentuale arriva a toccare la soglia del 69% nell’ultimo trimestre.

Non sorprende quindi la nenia del CEO di AT&T Randall Stephenson, che sulla questione addirittura perde il sonno:

“Ti svegli la notte pensando a quel che destabilizzerà il tuo modello di business, “ha affermato. “E iMessage di Apple è un esempio classico. Se usi iMessage, non stai usando uno dei nostri servizi di messaggistica, giusto? Ciò è destabilizzante per il nostro flusso di entrate.”

Il fatto è che i carrier hanno lasciato fare a chi di contenuti e user-friendliness se ne intendeva, e questo è il risultato: stanno lentamente trasformandosi in meri rivenditori di connettività; loro ci mettono i tubi, ma l’acqua che vi scorre e i rubinetti sono oramai in ben altre mani.

Ultimo appunto. Pare che anche i dati in mobilità abbiano raggiunto il picco massimo previsto dagli analisti per gli USA; ciò significa che dopo una crescita vertiginosa e ininterrotta negli ultimi cinque anni, presto dovremmo ravvisare un calo anche lì. Speriamo che Stephenson abbia una scorta adeguata di camomilla, a casa.

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