Sotto la guida di Tim Cook, Apple si trova a navigare in un contesto commerciale globale di crescente complessità, caratterizzato da sfide legate ai dazi e a normative sempre più stringenti. Con un impatto economico stimato in 900 milioni di dollari per il trimestre di giugno, la strategia dell’azienda si è concentrata su una radicale diversificazione della supply chain, elemento cruciale per mantenere competitività e resilienza.
Le politiche tariffarie imposte durante l’amministrazione Trump continuano a influenzare il colosso tecnologico di Cupertino. Durante una recente conferenza sugli utili, Tim Cook ha evidenziato come l’azienda abbia reagito a queste sfide economiche con una strategia di rilocalizzazione produttiva. Oltre metà degli iPhone venduti negli Stati Uniti proviene ora dalla produzione in India, un cambiamento che riflette un deciso spostamento verso una maggiore flessibilità geografica. Allo stesso tempo, paesi come il Vietnam sono diventati hub essenziali per la produzione di Mac, iPad e dispositivi indossabili, consolidando ulteriormente l’approccio diversificato di Apple.
Nonostante queste misure, le tariffe restano un ostacolo significativo. Le imposizioni del 20% introdotte all’inizio dell’anno hanno gravato pesantemente sui margini, mentre alcuni accessori hanno subito aumenti cumulativi fino al 145%. A ciò si aggiunge l’incertezza legata all’indagine della Sezione 232 sui semiconduttori, che potrebbe ulteriormente amplificare le difficoltà economiche per l’azienda.
Un aspetto centrale della strategia di Apple è l’adattabilità della sua supply chain, descritta da Cook come “incredibile”. Questo approccio ha permesso all’azienda di mitigare in parte gli effetti delle tariffe e di mantenere una posizione solida nei mercati globali. La Cina rimane un hub produttivo chiave per i mercati non americani, dimostrando l’equilibrio strategico che Apple cerca di mantenere tra diversificazione e centralizzazione.