Matrimoni Gay, Apple loda la decisione della Corte Suprema USA

In seguito alla sentenza della Corte Suprema USA che ha dichiarato illegittimo il Defense of Marriage Act, Apple ha espresso il proprio compiacimento. Le nozze gay piacciono tanto a Cupertino e non solo.
In seguito alla sentenza della Corte Suprema USA che ha dichiarato illegittimo il Defense of Marriage Act, Apple ha espresso il proprio compiacimento. Le nozze gay piacciono tanto a Cupertino e non solo.

Aggiornamento del 27 giugno 2013.

Con una sentenza già entrata nella storia, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato anticostituzionale il Defence of Marriage Act, la norma che nega in modo selettivo i benefici federali alle coppie dello stesso sesso, con la ragione che tutti debbono godere della medesima protezione di fronte alla legge. Si tratta di un passo avanti fondamentale per i diritti civili, visto che d’ora in avanti, agli occhi del legislatore, tutte le coppie saranno uguali e senza discriminazioni di genere.

E così, mentre l’arcivescovo di New York Timothy Dolan preannunciava l’apocalisse (“Un giorno tragico per la Nazione e per il matrimonio perchè la Corte Suprema ha sbagliato,” manco avessero legalizzato l’omicidio), il presidente Barack Obama cinguettava festante “l’amore è amore.” E mole multinazionali come Apple e Google, Facebook, Cisco, Intel e Qualcomm, da sempre molto impegnate su questo fronte, ieri hanno inneggiato alla notizia.

A Mountain View si sono inventati un easter egg che si abilita solo con determinate ricerche; Instagram ha lanciato una pagina ad hoc con gli scatti degli utenti. A Cupertino, invece, si sono limitati a sobrie felicitazioni:

Apple supporta fortemente l’uguaglianza nuziale e la considera un problema per i diritti civili. Plaudiamo alla Corte Suprema per la decisione presa oggi.

In particolare, Apple è sempre stata apertamente schierata in favore dei matrimoni omosessuali, con donazioni alla causa anche piuttosto cospicue. Il problema principale -per la mela come per le altre società della Silicon Valley- è che la “cultura aziendale da sola non può superare lo stigma sociale” e che i “divieti sul matrimonio omosessuale in 41 stati danneggiano il morale del posto di lavoro e infiacchiscono le assunzioni.”

L’arcivescovo di New York stia sereno, quindi: il mondo non finirà domani solo per questo. Male che vada, ci ritroveremo semplicemente a vivere in una società un po’ più equanime, felice e tollerante. C’è molto di peggio, Eccellenza, ci dia retta.

Matrimoni gay, Apple li appoggia alla Corte Suprema

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Con un documento presentato alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, e controfirmato da molte società come Facebook e Intel, Apple si è apertamente schierata in favore dei matrimoni gay, uno degli argomenti più scottanti dei nostri tempi. E non è la prima volta che accade.

Proprio in questi giorni, la Corte Suprema è impegnata a valutare gli estremi di costituzionalità della cosiddetta Proposition 8, con cui, nel 2008, gli elettori della California avevano di fatto bandito il matrimonio omosessuale nel proprio stato. Già al tempo, Cupertino si era espressa a riguardo con le parole, ma soprattutto coi fatti, spingendosi fino alla donazione di 100.000 dollari per l’abrogazione della proposta di legge.

Ora, però, sulla spinta dei cambiamenti che stanno avvenendo nella nostra società e nella sensibilità pubblica, le cose stanno finalmente e definitivamente per ribaltarsi. Bloomberg scrive:

I giudici ascolteranno le parti coinvolte il 26 marzo riguardo la Proposition 8 della California, l’iniziativa che alle urne ha stroncato il matrimonio gay a cinque mesi dalla sua istituzione.
Il gruppo di società, che include tra l’altro Facebook e Intel, sosterranno nelle proprie tesi che i divieti sul matrimonio omosessuale in 41 stati danneggiano il morale del posto di lavoro e infiacchiscono le assunzioni.
“A prescindere dalla gran tolleranza interna, la cultura aziendale da sola non può superare lo stigma sociale istituzionalizzato dalla Proposition 8 e da leggi simili” questa sarà la tesi delle società.

Allo stato attuale, infatti, solo nove stati su 50 e il Distretto Federale di Washington permettono esplicitamente il matrimonio tra coniugi dello stesso sesso, e questo crea delle ripercussioni pesanti e ingiustificate su una determinata fascia di dipendenti. E dello stesso avviso è il management di Oracle, Qualcomm, Abercrombie & Fitch, eBay, Marsh & McLennan, NCR Corp., Nike, Xerox, Zynga e molte altre.

È una questione che è tuttora oggetto di contesa anche qui da noi, e che non manca mai di accendere gli animi. L’Inghilterra -paese governato dai conservatori, ricordiamolo- ha già espresso il proprio consenso con 400 voti a favore e 175 contrari al Marriage Bill alla Camera dei Comuni, e anche in Francia le cose stanno procedendo in modo analogo. Non stiamo mica parlando di popoli buddisti dall’altra parte del globo; sono nazioni poste a un tiro di schioppo, con radici culturali e religiose comuni, e caratterizzati da tradizioni giuridiche e democratiche molto simili alla nostra. Lì, destra e sinistra, sono un po’ tutti d’accordo. Qui da noi, invece, una buona fetta della vecchia politica -trasversalissima, come al solito- si dichiara contraria, e ostenta pure orgoglio.

Il fatto è che se un comune cittadino può anche permettersi il lusso di certe esternazioni al bar con gli amici, è pericoloso e scorretto quando gli stessi concetti escono dalla bocca di politici di lungo corso con tutta la visibilità mediatica di cui godono. È grave perché non c’è alcuna spiegazione razionale o scientifica a suffragio di tali tesi; è grave perché giustificano e rendono socialmente accettabili comportamenti che andrebbero invece stigmatizzati; ma è grave soprattutto perché una maggiore estensione dei diritti non lede in alcun modo chi, quei diritti, li ha già. Semplicemente penosa, poi, è la questione della cosiddetta “famiglia naturale.” È un paradosso che nasce dalla testardaggine e dal pregiudizio, come spiega bene Matteo Winkler:

Se si sposano i gay e le lesbiche, gli eterosessuali smetterebbero di fare figli? Come dire, se conferiamo agli immigrati il diritto di voto, gli italiani smetteranno di andare a votare? Se concediamo la cittadinanza agli stranieri nati in Italia, i figli di italiani nati in Italia smetteranno di essere italiani?

Possiamo continuare a far finta che il problema non esista, o giustificare il nostro ingiustificabile ritardo asserendo che esistano problemi più grandi; possiamo perfino far finta di non vedere che è la Storia, con la ‘s’ maiuscola, a portarci lì. Oppure, possiamo seguire le orme dell’Olanda, del Belgio, della Spagna, della Norvegia, della Svezia, del Portogallo, dell’Islanda e della Danimarca, giusto per non allontanarci troppo. In pratica manchiamo solo noi e la Grecia. Potremmo perfino correre il rischio di diventare un paese normale, hai visto mai.

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