Phill o Jony nel futuro di Apple?


Poco prima delle feste natalizie, a metà strada tra il serio e il faceto, il Times di Londra ipotizzava una Apple senza Steve Jobs. O meglio: una Apple dopo Steve Jobs.
Pur se l’iCeo è saldamente alla guida dell’azienda, il mondo degli affari è noto per viaggiare ad una velocità decisamente superiore a quello di noi comuni mortali e così, in un pezzo tra l’analisi e la speculazione, il maggiore quotidiano inglese ne ha approfittato per stilare un bel profilo del più famoso suddito di Sua Maestà alla corte della mela: Jonathan Ive.

Il nuovo millennio ha portato il designer britannico non solo ad una prestigiosa vice-presidenza nel management di Apple, ma ad occupare un posto di primissimo piano nel gotha del design industriale contemporaneo.
Ormai il caro Jony, come lo chiamano colleghi e amici, non sa più dove riporre targhe e trofei, tanti sono i premi di cui è stato insignito negli ultimi anni.

Il molti, soprattutto oltremanica, sostengono che la rinascita di Cupertino sia, addirittura, da attribuire in parti uguali a Steve Jobs e Ive, tanto è stato imponente il contributo di creatività di quest’ultimo, almeno pari alla visionarietà e al carisma del fondatore.

L’impressione che gli editor del Times si siano fatti un poco trasportare dal campanilismo è decisamente lecita, ma questo non nega che la questione della successione di Steve Jobs sia un argomento che tiene banco da diverso tempo, al di qua e al di là dell’oceano.

Il punto è che Steve Jobs, pur ancora relativamente giovane, è sulla breccia da tempo immemore. Per avere un riferimento, il primo aprile 1976, quando assieme a Woz posava la prima pietra di Apple, in Italia il Presidente del Consiglio era Aldo Moro, la coppa del mondo di sci era appena stata vinta da Ingemar Stenmark, la Ferrari era guidata da Niki Lauda.
Per fare un esempio più “informatico”, i fondatori di Google, Page e Brin, avevano da poco pronunciato le loro prime parole (per inciso, si vocifera siano state “Goo” per il primo, e “Gle” per il secondo).

Una vita fa, insomma.

Ma non è solo il “periodo di esposizione” a contare. Negli ultimi anni sono capitati alcuni eventi che hanno fatto capire un po’ a tutti quanto stretto sia il legame tra Apple ed il suo fondatore: la malattia di Steve Jobs fece tremare il titolo AAPL a Wall Street e, più recentemente, l’affaire delle stock options, pur senza conseguenze, ha lasciato il segno.
Quello che si è capito è che se, per un motivo o per un altro, Steve Jobs dovesse lasciare di punto in bianco Apple, sarebbe un mezzo disastro, con un vero e proprio tracollo che potrebbe essere addirittura peggiore di quello del 1996.

E’, dunque, logico e saggio che lo stesso Jobs stia pensando ad una transizione ad ampio respiro, ad una road-map a lungo termine che traghetti la mela al prossimo CEO.

Jonathan Ive è, in questo senso, un ottimo candidato: ha l’appeal giusto, ma probabilmente manca dell’impatto mediatico del suo attuale capo.
Anche Phil Schiller, il simpatico capo del marketing, è uno dei “papabili”: molto amato dalla comunità, è farina del suo sacco buona parte della strategia commerciale di Apple degli ultimi anni. Ma anche Phil sembra mancare del carisma necessario per la guida di Cupertino, seppur chi abbia avuto modo di vedergli gestire un intero keynote, come che vi scrive, abbia il sospetto che sarebbe un ottimo CEO.

Il resto dell’esecutivo attuale appare decisamente indietro rispetto ai nomi appena fatti, con la sola eccezione del capo del software Bertrand Serlet, francese e veterano della NeXT, nonché fedelissimo di Steve Jobs.

Alcuni, infine, con una buona dose di fantasia ed ironia, propongono nientemeno che Al Gore come sostituto di Steve: sarebbe certo una prospettiva interessante, e forse assisteremmo al lancio di iMac ibridi alimentati a celle solari e idrogeno, ma non credo che il futuro della mela sarà mai nelle mani di un ex-vicepresidente dello Zio Sam…

In ogni caso, se avessi azioni Apple non mi preoccuperei troppo: se sarà davvero cambio al vertice, questo non avverrà prima di qualche anno (2010, ipotizzano i più) e quasi sicuramente il caro e vecchio Steve non abbandonerà del tutto quella che è di fatto la “sua” creatura.
In pratica ancora per qualche tempo potremo godere dei suoi “Boom”, “Pretty cool, uh?” e “One more thing…”.
A cominciare da martedì 15…

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