Elusione Fiscale, Apple risponde alla UE: "Paghiamo ogni Euro dovuto"

Mentre gli USA pensano ad una riduzione temporanea delle tasse per permettere il rimpatrio dei capitali in madre patria, in Europa le cose per Apple si mettono di traverso.
Mentre gli USA pensano ad una riduzione temporanea delle tasse per permettere il rimpatrio dei capitali in madre patria, in Europa le cose per Apple si mettono di traverso.



Aggiornamento del 12 giugno 2014, a cura di Giacomo Martiradonna.

In queste momento, stanno accadendo diverse cose contemporaneamente. Negli Stati Uniti, il Senato sta ventilando l’ipotesi di una Tax Holiday, cioè di una temporanea riduzione (o totale azzeramento) delle tasse per consentire alle multinazionali di rimpatriare i capitali stoccati all’estero. Nel Vecchio Continente, invece, la Commissione Europa ha formalmente aperto un’indagine riguardo le tecniche di elusione fiscale adottate da società come Apple. Ecco perché, stamane, Tim Cook ha tuonato: “Paghiamo ogni Euro dovuto.”

Leggi: Elusione fiscale Apple, la Commissione Europea indaga formalmente

Come noto, Apple detiene all’estero un tesoro di oltre 100 miliardi di dollari e, se dovesse farli rientrare negli USA, sarebbe costretta a subire una tassazione di circa il 35%. “Numeri eccessivi,” ha chiosato Tim Cook tempo addietro, come se i comuni mortali pagassero meno di così. Ecco spiegato perché tanto interesse verso la Tax Holiday; quella del 2004, per dire, consentì di riportare a casa ingenti patrimoni con un’aliquota del 5,25%. La giustificazione a questa politica è semplice: se non si facesse così, quei capitali non rientrerebbero mai. Ma d’altro canto, si può anche ipotizzare che nessuno li rimpatria proprio perché tanto si sa che prima o poi arriva la lo scudo fiscale. È un cane che si morde la coda.

In Europa la Commissione ha aperto una investigazione ufficiale sulle pratiche fiscali di Apple, ma anche Starbucks e Fiat Finance & Trade SA, nell’intento di stabilire se gli “accordi sulle tasse condotti in Irlanda, Olanda e Lussemburgo costituiscano un aiuto di Stato illegale.”

Gli accordi segreti speciali dovrebbero essere dichiarati illegittimi in tutta la UE,” ha affermato Chas Roy-Chowdhury, capo della tassazione presso l’Associazione dei Dottori Commercialisti. “Tutte le sospensioni o le riduzioni della tassazione dovrebbero essere apertamente disponibili per le attività che ne hanno diritto.”
“Dobbiamo combattere contro la pianificazione della tassazione,” ha dichiarato Joaquin Almunia, commissario alla concorrenza, in una conferenza a Bruxelles. E ha aggiunto che è “ancora troppo presto per anticipare” possibili risvolti se la UE dovesse evidenziare elementi di illegalità.

E notate la sfumatura. Non si parla mai di evasione fiscale o di violazione delle regole; l’eventuale vizio (e bisognerà vedere se è un vizio doloso) sta nell’aver sfruttato a proprio vantaggio le lacune delle legislazioni del mondo. Perché il problema è tutto lì: in Europa abbiamo vincoli stringenti su un sacco di stupidaggini, compresa la lunghezza delle banane o il grado di curvatura dei cetrioli, e poi lasciamo agli Stati membri il privilegio di farsi concorrenza su tassazione, welfare, stipendi e così via.

Cupertino, dal canto suo, ha risposto secondo il copione:

“Apple paga ogni Euro di tassazione dovuto,” ha affermato la società. “Non abbiamo ricevuto alcun trattamento privilegiato dai funzionari irlandesi. Apple è soggetta alla medesima tassazione come qualunque altra società internazionale che fa affari in Irlanda.”

Il che è certamente vero dal punto di vista penale. La questione, però, potrebbe riguardare la sfera etica: è giusto che società tanto prospere accantonino miliardi di Euro facendo affari in un paese in difficoltà, e rigirando poi i profitti altrove? La tecnica, tra l’altro, è vecchia e ben documentata: si tratta del cosiddetto Doppia irlandese con sandwich olandese (Double Irish With a Dutch Sandwich), e consiste in un gioco di sussidiarie che si conclude nei paradisi caraibici, il tutto con un’aliquota media da sogno.

Leggi: Apple, 1,9% di tasse sui profitti generati all’estero

Il discorso, l’abbiamo già detto altre volte, è molto complesso e non può essere risolto a livello di singolo Stato. Ed è chiaro anche che pretendere un comportamento etico da una multinazionale è un esercizio di speranza che tradisce ingenuità. Sarebbe molto meglio un’armonizzazione paneuropea delle leggi e dei trattamenti fiscali, che però presuppone un armonia (e un disinteresse reciproco) che in questo momento semplicemente non c’è. E intanto, la ricchezza esce dalle nostre tasche e si accumula altrove, in attesa che il Senato USA vari l’ennesimo scudo, mentre da noi si discute di banane e cetrioli.

Elusione fiscale Apple, la Commissione Europea indaga formalmente

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Scritto da: Alexandre Albore alias Ruthven – mercoledì 11 giugno 2014

La faccenda non è nuova: da anni si parla delle tasse pagate da Apple, che rasentano aliquote ridicole grazie ad alcuni trucchi che sfruttano lacune legali. In quanto multinazionale, Apple approfitta dei suoi diversi uffici sparsi per il mondo per muovere capitali e profitti, prediligendo paesi in cui la tassazione è più leggera. Nel 2012, il Sunday Times aveva evidenziato che dei 36,87 miliardi di dollari di utile d’esercizio fuori dagli USA, Apple avrebbe pagato appena 713 milioni di dollari in tasse; ossia un’aliquota media del 1,9%.

I dettagli in: Apple, 1,9% di tasse sui profitti generati all’estero

Per esempio, i profitti realizzati da Apple in Italia venivano contabilizzati dalla società di diritto irlandese, la Apple Sales International, utilizzando un pratica ai limiti della legalità, ma che è seguita da diverse altre multinazionali come Google, Amazon e Facebook.

Una pratica, sotto indagine anche in Italia, prevede che le filiali europee di Apple dichiarino di comprare ad un prezzo elevato i prodotti dalla filiale irlandese e poi li rivendano con pochissimo margine o addirittura in perdita sul territorio nazionale. In questo modo le filiali dichiarano piccoli profitti e di conseguenza versano al fisco una quota irrisoria dei loro incassi.

Secondo quanto riportato dai media irlandesi, la Commissione Europea ha ora deciso di aprire un’inchiesta formale sulle pratiche fiscali di Apple in Irlanda. L’annuncio ufficiale dell’avvio dell’inchiesta è atteso per i prossimi giorni e dovrebbe essere fatto dal commissario Joaquin Almunia. Quest’inchiesta farebbe eco a quella già avviata dal presidente francese François Hollande, non contento degli arrangiamenti fiscali di Apple con l’Irlanda, sopratutto perché in Francia le aliquote sono un po’ altine e le tasse di Cupertino rappresenterebbero un bel gruzzolo (perso) per le casse dello Stato.

Leggi: Apple e tasse UE, “immorale” il suo comportamento

Via | RTE.ie

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