Proteste negli Apple Store per gli operai cinesi

Proteste negli Apple Store del mondo, coordinate da libere associazioni di utenti contro lo sfruttamento della manodopera in Cina. Si fanno sempre più sonore le rimostranze.
Proteste negli Apple Store per gli operai cinesi
Proteste negli Apple Store del mondo, coordinate da libere associazioni di utenti contro lo sfruttamento della manodopera in Cina. Si fanno sempre più sonore le rimostranze.


Sarà che la crisi ci ha reso tutti più sensibili da questo punto di vista, fatto sta che la polemica sulle condizioni di lavoro degli operai cinesi nelle fabbriche dei partner asiatici di Cupertino non cessa d’alimentarsi. E proprio nella giornata di oggi, due libere associazioni di consumatori –SumOfUs e Change.org– hanno promesso battaglia con una protesta davanti agli Apple Store più importanti a Washington, New York, San Francisco, Londra, Sydney e Bangalore. Per consegnare, affermano, le 250.000 firme raccolte con la petizione su un “iPhone 5 etico.”

Un quarto di milione di firme non è propriamente qualcosa su cui poter glissare, soprattutto se una buona fetta di queste appartiene a utenti Apple che adorano i prodotti con la mela ma che, d’altro canto, “non amano dover sopportare questi questi soprusi:”

Cara Apple. Lo sai cos’è straordinario? Ascoltare i podcast di NPR attraverso una Airport Apple, riprodurli attraverso un portatile Mac mentre armeggiamo in cucina. Sai come si può sostituire “straordinario” con un terribile nodo allo stomaco? Apprendendo che i tuoi amati prodotti Apple sono costruiti in fabbriche in cui le condizioni sono talmente cattive che troppo spesso i lavoratori ci rimettono permanentemente l’uso delle mani.

Di qui il perentorio aut aut:

Ecco i patti: tu sei Apple. Dovresti essere quella del think different. Desidero continuare ad utilizzare ed amare i prodotti che crei, perché stanno cambiando il mondo ed hanno già cambiato la mia vita. Ma voglio anche sapere, quando compro i tuoi prodotti, che tutto questo non sia costato orribili sofferenze umane.

Ed è qui che si annida la trappola per Apple e non, per esempio, per tutti gli altri produttori che si avvalgono di Foxconn e delle sue simili; se professi l’arte e la differenziazione come valori ispiratori nel tuo lavoro, se credi sul serio di voler tendere alla perfezione coi tuoi prodotti, se davvero la tua vision è di “dare un contributo al mondo creando strumenti per la mente che facciano progredire l’umanità”, allora non puoi prendertela se tra i tuoi clienti qualcuno finisce col crederci.

Per il momento, da Cupertino tutto tace; la protesta, con la consegne delle firme, dovrebbe avvenire attorno alle 10.00 am orario USA, iniziando dal Grand Central Terminal Store. Di sicuro, negli USA ultimamente Apple è molto esposta sotto il profilo del partenariato asiatico, anche perché al putiferio sollevato sul Web sono seguiti poi reportage della CNN e della CBS. Dal canto suo, Cook -normalmente imperturbabile- si è parecchio spazientito, rispedendo al mittente tutte le accuse, ritenute “palesemente false”, “offensive” e “contrarie ai nostri valori.” Sarà, ma resta il fatto che molti affezionati clienti iniziano a storcere il naso su paghe e trattamenti esercitati dall’altra parte del globo, e se la cosa dovesse sfuggire di mano, forse quel think different potrebbe iniziare ad avere ripercussioni fino ad oggi inimmaginabili.

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