La rivoluzione dei libri di scuola in mano ad Apple? Forse no

Non tutti concordano sul successo e soprattutto sull'immediatezza del modello scelto da Apple per portare avanti la rivoluzione digitale dei libri di testo. Fattori come costi dell'hardware e concorrenza rischiano di rallentare la corsa.
Non tutti concordano sul successo e soprattutto sull'immediatezza del modello scelto da Apple per portare avanti la rivoluzione digitale dei libri di testo. Fattori come costi dell'hardware e concorrenza rischiano di rallentare la corsa.


Ogni volta che Apple mette mano a un segmento di mercato -nuovo o già battuto da altri-, finisce che si parli di rivoluzione e di forza dirompente. Eppure -Apple TV ne sia un esempio- non sempre tutte le ciambelle di Cupertino riescono col buco, e c’è chi è pronto a giurare che, se rivoluzione dei libri di testo sarà, non arriverà prima d’un lungo periodo d’assestamento e soprattutto prima che altri competitor si siano gettati nella mischia.

Quando Joshua Bento di Nieman Journalism Lab parlava del “Garage Band degli ebook” si riferiva alla facilità disarmante con cui, grazie ai nuovi strumenti di Apple, è ora possibile creare in poco tempo accattivanti contenuti didattici dedicati ad iPad e dotati d’un’anima completamente interattiva. Potremmo essere di fronte al cambiamento più significativo del settore dopo Gutenberg, ma non è detto che i tempi siano rapidi né che il merito vada tutto alla mela.

Innanzitutto, l’ecosistema Apple è chiuso; somiglia ad un “recinto dorato” dal quale non si può uscire e che potrebbe rappresentare un deterrente per scuole e famiglie, intenzionate piuttosto a tutelare i propri investimenti per il maggior lasso di tempo possibile. C’è da dire che, almeno per il momento, iPad è il leader di mercato, ma con Android alle calcagna è difficile credere che gli equilibri resteranno immutati per molto ancora.

Altra questione è il fattore costi. Prendiamo l’hardware di base: iPad non è propriamente un gingillo economico, e nelle versioni di punta viene commercializzato al prezzo d’un portatile. Certo, il costo calmierato degli ebook potrebbe far incidere meno l’acquisto del dispositivo, ma il limite di 14,99$ sui testi si applica esclusivamente ai tomi delle scuole superiori; e già oggi, almeno su Amazon USA, gli ebook destinati agli studenti del college costano come o più dell’equivalente cartaceo. Per farla semplice, Apple si sta “alleando in partnership” con gli editori; non gli sta mica muovendo guerra. Ciò implica che difficilmente un libro da 150$ verrà rimpiazzato con un ebook da 15$, anche se nel computo generale ora vanno aggiunte almeno un paio di novità: l’impossibilità di rivendersi l’usato, e l’eventualità che nuovi competitor -o autori di pregio senza una casa editrice alle spalle- entrino in scena con prodotti competitivi e di qualità.

Per certi versi, gli “smartbook” della Inking paiono già ora più sofisticati degli omologhi con la mela, e diverse altre società – per esempio Chegg e Kno- combattono da tempo per raggiungere visibilità in questo settore. E poi, i libri di testo non rappresentano più da tempo l’unica risorsa cui gli studenti hanno accesso. Progetti come Wikipedia, Khan Academy, Wolfram Alpha, iTunes U, MIT Open Courseware e i testi gratuiti di CK-12 costituiscono un irrinunciabile sussidio per milioni di discenti del globo, ed è questa la ragione per cui Cupertino ha incastonato pezzi di Web -HTML5 e JavaScript su tutti- direttamente all’interno di iBooks Author. Il che tuttavia conferma che il cambiamento era in atto ben prima dell’ultimo evento Apple; loro, semmai, sono stati i primi tra i grandi dell’hi tech ad accorgersene e avvantaggiarsene.

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