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Nel mondo ipercompetitivo della tecnologia, dagli Stati Uniti arriva una decisione destinata a segnare un punto di svolta. Dopo mesi di testimonianze nella fase dei rimedi del processo antitrust contro Google, il giudice federale Amit Mehta ha emesso una sentenza che, pur salvaguardando gran parte degli accordi miliardari tra Google e Apple, introduce nuove regole in grado di ridefinire gli equilibri del mercato digitale.
Quasi un anno fa il Dipartimento di Giustizia statunitense aveva convinto il giudice che Google detenesse un monopolio nella ricerca online. La vera incognita riguardava il futuro dell’intesa con Apple, che da anni garantisce a Google il ruolo di motore di ricerca predefinito su Safari, fruttando ad Apple decine di miliardi di dollari. Alcuni rimedi ipotizzati avrebbero potuto persino azzerare questo accordo.
La sentenza, invece, conferma che Google potrà continuare a pagare Apple per mantenere la propria posizione di default su Safari. Tuttavia, la partnership non sarà più blindata: niente clausole di esclusiva, obbligo di rinegoziare ogni 12 mesi e divieto di incentivi aggiuntivi che mirino a ostacolare concorrenti come Bing o DuckDuckGo. Apple non sarà obbligata a introdurre nuove interfacce di scelta (choice screen), ma i browser dovranno essere liberi di promuovere e proporre alternative.
Particolarmente significativo il capitolo dedicato all’intelligenza artificiale generativa: la corte ha vietato qualsiasi accordo che impedisca ad Apple di distribuire o integrare assistenti AI di terze parti. In pratica, Google non potrà imporre Gemini come unica opzione né legare l’accordo su Search ad altri servizi. Si apre quindi la strada a una competizione più aperta anche nel campo dei chatbot e degli assistenti virtuali.
La reazione dei mercati non si è fatta attendere: i titoli Apple sono saliti del 3,4% nelle contrattazioni after-hours, mentre quelli di Alphabet hanno guadagnato oltre il 7%. Un segnale che investitori e analisti vedono nella continuità dell’accordo — pur con regole più trasparenti — un fattore di stabilità.
Per consumatori e sviluppatori, il vero cambiamento sarà la possibilità di beneficiare di un ecosistema più aperto, in cui la concorrenza potrà finalmente giocare un ruolo concreto tanto nella ricerca online quanto nell’automotive connesso e nell’evoluzione della AI.
La partita, comunque, è appena iniziata. La decisione di oggi potrebbe rappresentare solo il primo passo di una lunga stagione di riforme, destinate a influenzare non solo i rapporti tra Google e Apple, ma l’intero futuro dell’economia digitale.