Agli editori non piace granché il modello di business dell'iPad


A quanto pare, costruire un business su iPad si sta dimostrando meno facile del previsto per Apple. Gli editori di riviste e giornali stanno infatti sollevando questioni sul modello adottato da Cupertino, soprattutto per quanto concerne i dati degli utenti ed il sistema di remunerazione in iBooks.

Uno dei problemi principali lamentati dall’editoria consiste nell’impossibilità di accedere alle informazioni sugli utenti: a riguardo, infatti, la politica Apple è molto restrittiva. Tuttavia, per decenni gli editori si sono avvalsi del data mining per pianificare operazioni di marketing e plasmare l’evoluzione dei propri contenuti; questo nuovo assetto invece destabilizza delle prassi piuttosto consolidate, e spezza all’improvviso il legame che c’era tra i produttori dei contenuti e i fruitori.

Un altro motivo di incertezza è rappresentato dalle commissioni che Apple intende trattenere per ogni transazione d’acquisto, pari al 30% come nel caso delle applicazioni per iPhone. Lungi dall’essere giudicato equo, questo trattamento economico non sembra incontrare il favore degli editori: l’appunto fatto è che il software è un bene che si acquista una volta soltanto, mentre i contenuti editoriali vengono offerti in modo continuativo nel tempo. Per questa ragione, dovrebbero essere trattati economicamente in maniera differente.

Nonostante questi incidenti di percorso, comunque, sembra che le trattative “proseguano speditamente e in modo amichevole”; forte del gran successo dell’applicazione per iPhone di GQ magazine infatti, Condé Nast vuole già buttare nella mischia di iPad GQ, Vanity Fair e Wired.

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