/https://www.melablog.it/app/uploads/sites/2/2025/09/wp_drafter_182135.jpg)
Continua il dibattito sul Digital Markets Act, la normativa che promette di rivoluzionare gli equilibri tra big tech e concorrenza. Se da un lato Bruxelles esibisce il DMA come baluardo per un mercato più aperto e competitivo, dall’altro il colosso di Cupertino suona il campanello d’allarme: innovazione frenata, sicurezza e privacy a rischio, utenti penalizzati. E la partita, tra richieste di abrogazione e ferme repliche istituzionali, si gioca su più fronti, tra motivazioni tecniche, sanzioni salate e timori per il futuro della digital economy europea.
Come abbiamo riportato in precedenza, Apple ha deciso di rompere gli indugi e presentare formale richiesta di abrogazione del Digital Markets Act, sottolineando come i vincoli imposti dalla nuova normativa abbiano già iniziato a produrre effetti concreti e, a detta dell’azienda, tutt’altro che positivi. In cima alla lista delle criticità figurano alcune funzionalità attese dagli utenti europei ma rimaste al palo: basti pensare alla traduzione in tempo reale sugli AirPods, al mirroring avanzato per iPhone o alle opzioni evolute dell’app Mappe. Secondo Cupertino, il nodo cruciale sarebbe proprio l’obbligo di interoperabilità, che rischia di appesantire l’architettura delle piattaforme fino a rallentarne lo sviluppo, generando inevitabili ritardi nel rilascio di nuove feature.
Ma non è tutto. Tra i punti più contestati dal gigante americano c’è anche l’apertura forzata a store alternativi e sistemi di pagamento di terze parti, una delle novità più discusse introdotte dal DMA. Qui il tema della sicurezza diventa centrale: secondo Apple, la possibilità di installare applicazioni da store diversi dall’App Store ufficiale espone gli utenti a rischi di malware, truffe e violazioni della privacy. In altre parole, si rischia di sacrificare la coerenza e la protezione dell’esperienza utente sull’altare della concorrenza, aprendo la porta a minacce difficili da controllare in modo efficace.
La risposta di Bruxelles
La risposta di Bruxelles, tuttavia, non si è fatta attendere e si è rivelata di una fermezza esemplare. Le istituzioni europee hanno ribadito che il Digital Markets Act è nato proprio per limitare le pratiche anticoncorrenziali dei cosiddetti “gatekeeper” e per restituire agli utenti la libertà di scelta. Tra le novità più significative, spiccano l’obbligo di non discriminare i servizi concorrenti e la possibilità di disinstallare le app preinstallate, due punti che, secondo la Commissione, sono essenziali per favorire un ecosistema più dinamico e pluralista.
Dal canto suo, Apple non sembra intenzionata a cedere facilmente. Le preoccupazioni tecniche sollevate dall’azienda vengono però giudicate dalla Commissione come insufficienti a giustificare l’abrogazione di una normativa ritenuta fondamentale per riequilibrare i rapporti di forza nel mercato digitale. Gli esperti suggeriscono che le criticità vadano affrontate attraverso un dialogo costruttivo tra aziende e regolatori, senza però mettere in discussione i principi cardine del DMA. Un approccio pragmatico, che punta a risolvere i problemi tecnici senza smantellare le fondamenta della legge.
Il dibattito si è rapidamente allargato, coinvolgendo sviluppatori e associazioni dei consumatori. Da una parte, si teme un aumento dei costi e della complessità tecnica per adeguarsi alle nuove regole; dall’altra, si accoglie con favore l’apertura di mercati tradizionalmente chiusi e la possibilità di accedere a una gamma più ampia di servizi e applicazioni. Il cuore della questione resta il bilanciamento tra apertura e tutela: consentire software e pagamenti di terze parti amplia le opportunità per i consumatori, ma impone la necessità di solide misure di controllo per non compromettere la sicurezza e la privacy degli utenti.
La Commissione europea, dal canto suo, garantisce che il Digital Markets Act prevede standard obbligatori proprio per evitare che l’apertura si traduca in una riduzione delle tutele. Tuttavia, lo scontro tra Apple e Bruxelles è tutt’altro che concluso: la partita si sposta ora sul piano olitico e legale, con Cupertino determinata a ottenere una revisione della normativa e l’Unione Europea decisa a difendere un quadro regolatorio che, almeno nelle intenzioni, mira a favorire una concorrenza più leale nell’economia digitale continentale.