iWatch, 100 product designer per lo smartwatch Apple

Se quel che dice Bloomberg è vero, il cosiddetto "iWatch" di Cupertino è molto più di un rumor e di un esperimento: è un prodotto in arrivo tra non molto. Ecco perché.
Se quel che dice Bloomberg è vero, il cosiddetto "iWatch" di Cupertino è molto più di un rumor e di un esperimento: è un prodotto in arrivo tra non molto. Ecco perché.

Se eravate convinti che a Cupertino stessero baloccandosi con rozzi esperimenti di computer da polso, dovrete ricredervi. Le fonti molto anonime e molto vicine ai “piani della società” affermano infatti che, attualmente, attorno ad iWatch c’è già un team di almeno 100 product designer. Come dire, siamo ben oltre lo stadio di ricerca e sviluppo.

L’articolo di Bloomberg è molto circostanziato, e sembra entrare in dettagli piuttosto specifici:

Il team, che è cresciuto nel corso dell’anno scorso, include manager, membri del gruppo marketing, ingegneri software e hardware che in precedenza avevano lavorato ad iPhone ed iPad, hanno affermato alcune persone richiedendo al contempo di restare anonime poiché tali piani sno privati. La grandezza del team suggerisce che Apple sia ben oltre la fase di sperimentazione nel suo sviluppo.

E a sudare sull’inedito prodotto non ci sono mica ingegneri qualunque. Bloomberg segnala che tra i manager assoldati c’è James Foster, il direttore senior degli ingegneri Apple; un’implicita conferma, se ce ne fosse bisogno, dell’importanza strategica del progetto.

Uno smartwatch da polso, infatti, nella visione di Cupertino dovrebbe rappresentare una tecnologia estremamente sofisticata. Deve essere capace di un’autonomia decente, ad esempio, senza costringere ad una ricarica ogni giorno; senza contare che in uno spazio tanto piccolo deve starci almeno una parte delle funzionalità di iPad ed iPhone.

A dire di Bloomberg, Apple avrebbe tentato la strada del dispositivo indossabile, salvo poi abbandonare il tutto in favore di un più familiare orologio. Fu lo stesso Tim Cook, alla Conferenza D10 dell’anno scorso, a confessare tra le righe che i computer indossabili rappresentavano “un’area interessante” ma che “quel libro non era ancora stato scritto.”

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