L'esclusività di iPhone costa cara. Anche ad Apple


ITWire ha pubblicato un articolo in cui sostanzialmente viene ribadito un concetto, e cioè che il contratto di esclusività che lega Apple ad AT&T potrebbe essere controproducente negli anni a venire a cominciare da oggi.

Inizialmente, si legge nell’articolo, il legame speciale con AT&T era necessario per garantire la copertura del progetto dal punto di vista della rete, altrimenti servizi come la voicemail non avrebbero funzionato. Eppure, se si getta un occhio al grandissimo numero di iPhone ritenuti sbloccati, ci si rende conto che qualcosa nella strategia di vendita non funziona.

Probabilmente uno dei limiti più grandi del modello di diffusione scelto da Apple (e che forse contribuisce a rendere più esclusivo il suo prodotto) è proprio la stretta integrazione con AT&T, Orange, TMobile ed O2. Un numero non irrilevante di utenti, secondo ITWire, sarebbe certamente disposto a pagare di più – come fa con gli altri smartphone – pur di non essere costretto a passare ad uno di questi carrier.

L’esempio proposto è il mercato australiano in cui Telstra, operatore dominante ed ex-monopolista, possiede il network più grande con il 40% del mercato interno. Se Apple scegliesse quest’ultimo come partner (e nulla vieta che ciò accadrà, vista la predilezione mostrata verso gli operatori storici) si troverebbe però contro tutti gli altri agguerritissimi competitor che, con il loro 60%, cercherebbero di irretire gli utenti con tutti i sostituti di iPhone disponibili. E prodotti promettenti come il Garmin Nuvifone sono già ai nastri di partenza.

Ora che la domanda di iPhone nel mondo è sufficientemente grande e stabile, si domanda ITWire, ha davvero senso essere ancora tanto strettamente legati a qualcun altro? Apple può permettersi sul serio di limitare deliberatamente il proprio mercato?

Di certo, per ora l’unica cosa che Apple non può permettersi è di rompere i contratti stipulati.

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