Tecnologie Apple nella sonda Curiosity approdata su Marte

La sonda Curiosity recentemente approdata su Marte porta con sé parecchi legami alle tecnologie di Apple. Un esempio? Tra le sue dotazioni, c'è un'Airport Extreme.
La sonda Curiosity recentemente approdata su Marte porta con sé parecchi legami alle tecnologie di Apple. Un esempio? Tra le sue dotazioni, c'è un'Airport Extreme.

Sembrerà incredibile, eppure la sonda Curiosity recentemente approdata su Marte ha diversi legami con Apple e alcune sue tecnologie recenti e passate. E non parliamo soltanto dei solidi processori PowerPC, ancora in uso in molti contesti Mission Critical, ma anche dei MacBook Pro utilizzati nella sala di controllo e dell’OS alla base della Airport Extreme.

È stato indubbiamente uno degli eventi più seguiti dell’anno, e non ha mancato di eccitare gli animi di molti, Barack Obama compreso. La sonda Curiosity ha lambito le rosse terre di Marte alle 7:31 di ieri, orario italiano, e da allora ha già iniziato ad inviare immagini e filmati che stanno rapidamente catturando l’immaginario collettivo.

Ciò che tuttavia sorprenderà i lettori di Melablog è che Apple, senza saperlo e senza alcuna partecipazione attiva, ha avuto un ruolo determinate per la riuscita dell’intera missione. Innanzitutto, la sonda (definita con eccessivo entusiasmo “una Airport Extreme su ruote”) è dotata al suo interno di un BMW iDrive, di un elicottero Apache Longbow di un Router Linksys WRT54G e di una Apple Airport Extreme ultimo modello gestita da un OS creato 27 anni fa da Wind River Systems e tuttora in uso nelle missioni spaziali, VxWorks, presente anche negli iDrive BMW, negli elicotteri Apache Longbow, nei Router Linksys WRT54G e nelle Apple Airport Extreme.

Il processore principale che alimenta il rover, inoltre, è costituito da due chip PowerPC derivati dalla famiglia PPC 750, ovvero quella dei G3 che ritroviamo nel Bondi Blue iMac e in molti modelli di iBook (con 256MB di DRAM e 2GB di memoria Flash. Molto meno potente di qualunque iPhone recente). Ovviamente, sono stati progettati per possedere una tolleranza ambientale decisamente superiore agli omologhi terrestri: scheda madre e CPU riescono infatti a sopportare bombardamenti fino a 100.000 rad (1.000 Gy) prima di iniziare a produrre errori di calcolo importanti. Per metro di paragone, basti pensare che in un anno un cittadino statunitense non può essere sottoposto per legge a più di 5 rem, equivalente all’incirca a 1 rad (in Italia, invece, il limite di dose stabilito dalle legge per le persone è 1 mSv per anno al di sopra della dose naturale di radiazioni e di 20 mSv per i lavoratori impegnati in attività che prevedono l’uso o la manipolazione di radioisotopi. I Sievert misurano gli effetti biologici della radiazione sull’organismo.)

Infine, gli ingegneri e gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena addetti al monitoraggio della missione erano quasi tutti dotati di MacBook Pro da 15″. Il codice a barre visibile su ognuno di essi lascia intendere che fossero proprietà del governo statunitense, e su nessuno di essi è stato visto girare Windows o Linux. Quasi quasi, è uno spot involontario.

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