Apple fa cartello con le case editrici: il Dipartimento di Giustizia USA ribadisce le accuse

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d'America intende continuare la causa contro Apple e alcune fra la più importanti case editrici per aver fatto cartello per fissare i prezzi degli e-book sotto banco, a scapito dei lettori.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d'America intende continuare la causa contro Apple e alcune fra la più importanti case editrici per aver fatto cartello per fissare i prezzi degli e-book sotto banco, a scapito dei lettori.

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America intende continuare la causa contro Apple e alcune fra le più importanti case editrici per aver fatto cartello fissando sotto banco i prezzi degli e-book, a scapito dei lettori. Sotto accusa è l’intero agency model, ossia la vendita on-line dei libri elettronici da parte delle case editrici che scavalcano così i rivenditori (come Amazon e Barnes & Noble) e ne fissano direttamente il prezzo.

L’Antitrust americano aveva iniziato ad interessarsi al caso nello scorso marzo, quando un articolo del Wall Street Journal aveva rivelato gli accordi fra cinque delle maggiori case editrici ed Apple per mantenere sotto controllo il prezzo degli e-book. Così Apple, Hachette, Harper Collins, Macmillan, Penguin, Pearson e Simon & Schuster erano finiti sotto giudizio per “aver costretto gli utenti a pagare decine di milioni di dollari per gli e-book in più di quanto avrebbero pagato [senza accordo sottobanco]” dal lancio dell’iPad nel 2010. Questo modello di vendite aveva costretto poi Amazon ad allinearsi, adottando lo stesso agency model nell’arco di pochi mesi.

Apple si è difesa accusando il Dipartimento di Giustizia di voler distruggere agency model come modello di vendita. Nella sua risposta di 64 pagine (link diretto al PDF), i giudici dicono di non attaccare il modello di vendite, ma unicamente l’accordo scorretto fra le case editrici ed Apple. L’accusa poi è stata ribadita, dato che le soluzioni proposte da Apple dopo gli accordi preliminari con il Dipartimento di Giustizia sono state giudicate “contrarie all’interesse pubblico”.

L’accordo fra Apple e le case editrici era stato dettato dal quasi monopolio di Amazon all’epoca. Amazon aveva un margine del 65% per fissare il prezzo dei libri. Supponiamo che la casa editrice vendesse il libro ad Amazon a 3,5€, questo veniva poi venduto a 10€ su Amazon.com. Il margine era enorme per Amazon, la quale forzava gli editori a cedere i libri a basso prezzo usando la sua posizione di monopolio. In pratica, Amazon si auto-riduceva il margine sui libri venduti dalla concorrenza di un editore restio a ridurre il prezzo, il quale doveva adattarsi o rinunciare a vendere: fra un libro della concorrenza venduto a 3,5€ (senza margine di guadagno) ed uno venduto a prezzo pieno di 10€, il lettore fa rapidamente la sua scelta.

L’entrata sul mercato di Apple con il lancio dell’iPad e dell’iBookstore cambiò le regole del gioco, forzando Amazon a rinunciare alla sua politica di vendita ed adottando anch’essa l’agency model. Però gli accordi di Apple, che trattiene il 30% sulle vendite, e gli editori, che hanno alzato i prezzi per aumentare i guadagni, sono una distorsione del modello di libera concorrenza al quale punta il libero mercato. Il Dipartimento di Stato USA non giustifica gli accordi fra Apple ed editori con la cattiva politica dell’allora detentore del monopolio, Amazon.

La soluzione proposta non tocca il modello attuale di vendite: Apple può continuare ad incamerare il suo 30% senza problemi. Solamente i prezzi dovrebbero essere liberalizzati, permettendo alla concorrenza di fissare i propri prezzi senza rialzi artificiali da parte delle case editrici.

Via | ars technica

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