App Piratate su App Store: la stretta di Apple

In seguito agli abusi di Facebook e Google sui certificati Enterprise, Apple ha aperto un'indagine, e ha scoperto quel che era sotto gli occhi di tutti: un intero ecosistema su cui si fonda la pirateria di App Store.
In seguito agli abusi di Facebook e Google sui certificati Enterprise, Apple ha aperto un'indagine, e ha scoperto quel che era sotto gli occhi di tutti: un intero ecosistema su cui si fonda la pirateria di App Store.

Apple ha scoperto l’acqua calda. Il sistema di certificati Enterprise di iOS (creati da Apple per consentire alle grandi aziende di gestire migliaia di iPhone e iPad in modo centralizzato) che Facebook e Google utilizzavano per eludere le regole dell’App Store vengono impiegati anche per distribuire versioni piratate delle app; e non parliamo solo di eludere i costi di acquisto: il discorso è che queste app vengono pure modificate per consentire funzionalità non originariamente previste dallo sviluppatore, per barare ai giochi o per ascoltare musica in streaming senza sorbirsi la pubblicità.

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Ma il bello è che questi “servizi di pirateria” funzionano in abbonamento, il che implica che un gran numero di utenti paga un costo annuale per mantenere attivo il certificato; altrimenti, è necessario ri-autorizzarlo ogni due settimane o giù di lì. Inoltre, offrono versioni “VIP” delle app che, a loro dire, sono “più stabili di quelle originali.” Una scelta poco saggia, e per almeno tre valide ragioni:

  • 1. Questo tipo di servizio non è ufficiale, e può esistere solo forzando le regole dei certificati Enterprise. Il che implica che Apple può revocare il certificato e smantellare tutto in un istante. E infatti questo è quel che è accaduto nelle scorse ore. Fine della pacchia.
  • 2. Gli utenti stanno installando certificati di entità di cui non sanno nulla, autorizzando costoro a fare qualunque cosa sui propri dispositivi, sui propri dati. Privacy letteralmente buttata nel wc.
  • 3. Non c’è modo di sapere che cosa faccia un’app modificata; senza il controllo a monte di Cupertino, in pratica, è un atto di fede.

Ma c’è un problema. Non appena Apple ha chiuso i rubinetti agli sviluppatori pirati, altri servizi analoghi sono spuntanti immediatamente sul Web come funghi. La pirateria, in altre parole e almeno per il momento, batte la mela in velocità.

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