Potter Voice Technologies fa causa ad Apple per Siri

La statunitense Potter Voice Technologies ha trascinato in Tribunale Apple e altri 14 colossi dell'high tech con l'accusa di aver violato un loro brevetto sul controllo dei computer attraverso il linguaggio naturale.
La statunitense Potter Voice Technologies ha trascinato in Tribunale Apple e altri 14 colossi dell'high tech con l'accusa di aver violato un loro brevetto sul controllo dei computer attraverso il linguaggio naturale.


Una piccola -e fino ad oggi oggettivamente sconosciuta- società statunitense, la Potter Voice Technologies, ha appena denunciato Apple per la presunta violazione della proprietà intellettuale relativa alle tecnologie che consentono il controllo di un computer per mezzo del linguaggio naturale. E nel mucchio ci finiscono anche Google, RIM e molte altre.

La speranza di Potter Voice è semplice: ottenere una valanga di ingiunzioni, il rimborso delle spese legali e “assolutamente nulla meno che una ragionevole royalty” da una quantità impressionante di giganti high tech, ovvero Google, Microsoft, Nokia, RIM, Samsung Electronics, Sony, LG Electronics, Motorola Mobility, ZTE, Huawei Technologies, Kyocera, Sharp, e Pantech.

Il brevetto fulcro del contendere si intitola “Metodo e apparato per il controllo digitale del computer attraverso un input orale” e, almeno a dire della parte lesa, era ben noto nel settore:

La società sta prendendo particolarmente di mira Apple, Microsoft e Sony le quali -a suo dire- dovevano conoscere il brevetto e quindi sono colpevoli di violazione volontaria. Potter afferma che il brevetto era citato in una causa del 2004 che coinvolgeva SRI International, quelli che hanno sviluppato Siri. Apple ha acquisito Siri da SRI, una società di ricerca e sviluppo della Silicon Valley. Una violazione volontaria consente richiedere danni maggiorati.

L’idea alla base del tutto è ridicolmente elementare, tanto che ci si chiede come abbia fatto a passare il vaglio dei revisori dello United States Patent and Trademark Office; il documento non contempla una tecnologia, un’implementazione specifica o un prodotto reale, quanto piuttosto un’idea generale che potrebbe applicarsi a moltissimi contesti. In pratica, descrive un sistema in cui le parole vengono recepite da un microfono, interpretate da un algoritmo di riconoscimento vocale e poi usate per “cercare i contenuti su una struttura tubolare di dati organizzata in righe e colonne.”

Sulla questione, da Cupertino tutto tace. Google, invece, ha promesso di rilasciare una dichiarazione ufficiale non appena le verrà notificata la denuncia.

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